Pubblicato il: 06 agosto 2024

Archiviato il: 04 novembre 2024

L'importanza delle regole nelle Confraternite

di Lidia Povia

 

Il secondo incontro del Cammino dei novizi si è tenuto il 27 aprile scorso, ultimo sabato del mese, a una settimana esatta dal primo appuntamento. In questa occasione si è entrati nello specifico viaggiando attraverso gli Articoli dello Statuto diocesano che regolamentano le Confraternite locali, insieme a un relatore d’eccezione: don Gennaro Bufi, direttore dell’Ufficio Diocesano per le Confraternite.

 

Don Gennaro ha aperto questo secondo appuntamento, in una chiesa di sant’Andrea piacevolmente gremita di ascoltatori, con un brevissimo passo del Vangelo di Matteo: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Ciò a ricordarci che dove c’è comunità, Gesù Cristo è sempre presente, non importa il luogo o il numero dei fedeli.

 

È proprio da queste comunità, intese come gruppi di credenti, che intorno al XII secolo, presero forma le prime confraternite, nate come istituzioni e associazioni di fedeli che avevano come scopo principale quello di elargire opere di carità e di incrementare il culto pubblico. Lentamente questi gruppi di fedeli laici cominciarono ad estendersi a macchia d’olio in tutti gli strati sociali e il loro esempio di carità e povertà contribuì a salvaguardare la Chiesa, e tutti gli ambienti ad essa connessi, dall’eresia che in quegli anni dilagava prepotentemente.

 

Questi embrioni di confraternite moderne ricevettero una loro identità e una loro successiva regolamentazione. A partire dal 1983, dopo il Concilio Vaticano II indetto da Papa Giovanni XXIII, all’interno del Codice di Diritto Canonico si stabilì il diritto dei fedeli di “fondare e dirigere liberamente associazioni che abbiano come fine quello della carità, dell’incremento pubblico del culto o della vocazione cristiana nel mondo. […] L’esercizio di tale diritto non può che avvenire nella comunione ecclesiale, con il riconoscimento e la tutela dell’autorità ecclesiastica, in modo che i fedeli associati si inseriscono nella missione della Chiesa” (cfr.can. 298-329).

 

Entrando nel dettaglio delle realtà confraternali della nostra diocesi, don Gennaro ha presentato gli articoli più significativi dello Statuto delle Confraternite. L’art.2 e i relativi commi che compongono il Titolo II dello Statuto diocesano affermano che “la Confraternita ha come fini principali la santificazione dei confratelli, la promozione del culto pubblico e l’esercizio delle opere di carità fraterna. Per realizzare tali fini la Confraternita si propone di: costituire una comunità ecclesiale che aiuti i confratelli a realizzare pienamente la propria vocazione cristiana mediante un’intensa vita spirituale e una permanente formazione cristiana; favorire l’unione fraterna di persone aventi un comune vincolo di fede ed incoraggiare un’efficace attività apostolica; promuovere iniziative di carattere educativo, culturale, di assistenza e di accoglienza […]; curare ed animare il culto pubblico e la pietà popolare, soprattutto nelle proprie feste”.

 

L’art. 4 e commi ad esso collegati si rivolgono più specificatamente ai doveri dei confratelli e tutte quelle caratteristiche fondamentali che permettono l’ammissione ad una Confraternita. Non possono, difatti, essere accolti in un sodalizio coloro che: hanno pubblicamente abbandonato la fede cattolica o hanno subito scomunica, vivono forme di vita coniugale in contrasto con il progetto di Dio e l’insegnamento della Chiesa, si trovano in una condizione di “irregolarità” nei confronti della giustizia, sono stati dimessi da un’altra associazione ecclesiale essendo stati causa di discordia e divisioni, o hanno agito non per il bene comune dei componenti della Confraternita, ma solo per un proprio personale tornaconto, oppure non hanno rispettato l’Autorità Ecclesiastica.

 

In ultimo, nell’art. 6 sono raccolti tutti quelli che sono i doveri che i confratelli sono tenuti ad osservare. Esso così recita: “I confratelli hanno il dovere di condurre una vita cristiana esemplare, di partecipare assiduamente alle attività promosse dalla Confraternita per la realizzazione dei propri fini, di pagare la quota associativa annuale e di tenere un comportamento coerente con la fede cristiana. […] Ogni confratello è tenuto a: partecipare a tutte le liturgie […]; frequentare gli incontri di catechesi […]; accogliere e adempiere le direttive del Vescovo; del Parroco; dell’Assistente Ecclesiastico; del Consiglio di Amministrazione e della Consulta; partecipare alle processioni d’obbligo, proprie cittadine e diocesane; visitare e soccorrere i confratelli ammalati, anziani e soli; collaborare alle iniziative di apostolato e promozione umana secondo le indicazioni del Consiglio di Amministrazione”.

 

In conclusione, don Gennaro ha lasciato a tutti i presenti una sorta di “consegna” estrapolata dall’omelia di Mons. Pennisi in occasione del 3° Cammino diocesano delle Confraternite, tenutosi lo scorso 13 aprile. “Ogni confraternita è chiamata ad essere esperienza di fede, di speranza e di carità perché: crea comunione nella dispersione, crea speranza nella rassegnazione e nella dispersione, mostra coraggio nel qualunquismo e nell’indifferenza, offre solidarietà nell’individualismo, stabilisce una meta certa nella confusione, fa carità mentre impera l’egoismo […] cerca confratelli per sconfiggere la solitudine, partecipa alle processioni per allenarsi alla processione definitiva verso la celeste Gerusalemme”. Una consegna che non è altro che un riassunto di ciò che una Confraternita deve (o dovrebbe) rappresentare.