Pubblicato il: 31 maggio 2024

Archiviato il: 06 agosto 2024

Committenza e Prassi Musicali a Molfetta tra '700 e '800 in riferimento alla Confraternita di Sant’Antonio di Padova

di prof. Giovanni Antonio del Vescovo

 

La possibilità di delineare un quadro storicamente attendibile, a Molfetta, della committenza musicale confraternale a maestri di cappella, strumentisti, cantori, organisti ed organari, non può prescindere dall’analisi di una preziosa fonte archivistica qual è il Libro delle Significatorie1 della congrega di S. Antonio, relativamente all’arco temporale 1759-1801.

 

Dalla lettura delle voci di spesa ivi elencate, si evincono alcune prassi non irrelate al culto e alla devozione verso il Santo di Padova, come anche alla pietà popolare nel senso delineato da Giuseppe De Luca2.

 

Erano soliti, i sodali di S. Antonio, far cantare il Miserere in memoria dei confratelli defunti e in occasione delle cerimonie di «associatura»; a mò d’esempio, è d’uopo ricordare come, nel 1759, fosse ricompensato «don Mauro Visaggio per trè Miserere cantati nell’accompagnatura del fù Giovanni Campanelli, et di due sorelle»3, e negli anni immediatamente seguenti, il maestro di canto gregoriano del Capitolo di Molfetta Saverio Ferrariis.

 

Occasioni in cui il culto confraternale prevedeva la musica erano relative alla Tredicina e alla processione di giugno con la statua di S. Antonio; ad essere regolarmente assoldati erano suonatori di tamburi, pifari, oboe, violini, violoncello e corno di caccia e anche una «bassa banda»4 formata da tamburi, pifari e due trombe. Si staglia particolarmente emblematica la presenza nel 1765 del non meglio identificato «musico di Bisceglie»5, forse un evirato.

 

Circa l’utilizzo dell’appellativo musico, può risultare profittevole riportare le parole di Ludovico Zacconi: «per Theorico s’intende colui, che ha la scienza di comporre, & che Prattico è colui, che la mette in esecutione dirò, che Musico alle uolte s’intende per il compositore, & alle uolte per un cantore; se bene piu propriamente s’intende per un compositore; & tra il Prattico, & il Musico casca questa differenza; che il Prattico è quello secondo, che si è detto di sopra, il quale per scienza la Musica dispone, et il Musico è quello che non solo l’ordina, & dispone, ma anco con altri la canta. Et per questo alcuni hanno preso, & si pigliano auttorità di dire Musico a un semplice cantore; perché in quell’atto di cantare sono conuenuti insieme, & non s’aueggano quanta differenza sia dal compositore, che canta, & dal cantore; Si dice Musico al compositore per farlo (come in fatti se ritroua) esser differente dal semplice cantante, & per constituirlo diuerso da quello, che è il Prattico, che non canta; ma dispone solamente le figure al cantare»6.

 

Interpretando le parole di Zacconi, presumibilmente ancora applicabili per il Settecento, si può presumere che quel musico non meglio specificato potesse essere considerato un cantore esperto nell’arte della composizione e non un semplice esecutore. Tra i cantori al servizio della confraternita di S. Antonio è registrata la presenza di Gaetano Pastore, Pietro Pastore, Paolo Giovanni de Leone e Vitangelo Fornari, tutti preti più spesso al servizio del Capitolo di Molfetta7, assise che non di rado annoverava, tra le sue fila, canonici-musicisti. Lo Statuto della confraternita di S. Antonio, risalente al 1763, prevedeva che alla processione nel mese di giugno partecipassero anche i Padri Conventuali; infatti, la lettera statutaria redarguiva che fosse «necessario, che in detta Processione si vada cantando il Responsorio di esso Santo»8 Si quæris miracula.

 

A tal riguardo, un atto notarile del 1769 attesta di un evento insolito, il non essersi potuto cantare il responsorio, in quell’anno, forse per il fatto che non tutti i Padri laici conoscessero il modo esatto di cantarlo: «sei padri de Minori Conventuali, de’ quali cinque sono stati laici e uno solo sacerdote, in maniera che dalli medesimi non si è potuto, secondo il solito, cantare per la città appresso il Glorioso Santo il responsorio come richiedea la sollennità della processione suddetta»9.

 

La presenza dei francescani è attestata anche durante la processione del Cristo morto organizzata dall’arciconfraternita di Santo Stefano; infatti è noto come nel 1717 questa congrega pagasse i «reverendi Padri Osservanti e Cappuccini per esser venuti associando la Nostra Processione del Giovedì Santo ad cantare»10; in questa occasione si può cautamente ipotizzare che si cantassero i responsori della Settimana Santa tra cui O vos Omnes qui transitis per viam, come ricordato da Giacinto Poli nel libello composto di ricordi poetici di una processione di Cristo Morto degli anni Trenta dell’Ottocento11.

 

Il compito precipuo di cantare in processione il gregoriano era affidato ai francescani i quali lo interpretavano verosimilmente secundum consuetudinem romanae curiae; nell’Ottocento Giuseppe Maria Giovene ebbe a sottolineare la grande importanza storica avuta dai francescani nella redazione dei libri liturgici che novos fuisse et franscicanum12.

 

Maestri di Cappella ed organisti al servizio della confraternita di S. Antonio furono anche Sabino di Candia13, Giuseppe Saverio Maggialetti14 e Domenico Saverio Pansini15; tra gli strumentisti Corrado Avellis16 e tra i cantori Angelantonio Avellis 17 e Francesco Saverio Massari.

 

Nel 1760 la confraternita fece celebrare una «messa cantata per la fù nostra Regina morta in Spagna»18, Maria Amalia di Sassonia (Dresda, 24 novembre 1724–Madrid, 27 settembre 1760) moglie di Carlo III di Spagna. Verosimilmente si dovette cantare una messa di requiem in canto fermo o fratto e, forse, in canto figurato, laddove in quest’ultimo caso sarebbe stato necessario pagare cantori specializzati nella polifonia.

 

Documenti contabili custoditi presso l’Archivio di Stato di Bari consentono di apurare che, nel periodo di tempo fra il 1848 e il 1862, fossero al servizio della confraternita come maestro di cappella Gaetano Germano (1824-1895) e come cantori i non meglio specificati Vilardo, Porto ed Allegretti. Tra le voci di spesa dell’anno 1854, quella relativa a «cantori sopra l’organo»19 fa riferimento ad una prassi musicale già attestata da una conclusione relativa alla congrega dell’Immacolata: per l’anno 1735 si apprende del «cantare la messa da sopra all’organo»20.

 

Invero, per tutto il corso dell’Ottocento, il Capitolo di Molfetta pagava cantori «in tutte le funzioni di Canto, appartenente al Capitolo, sì nel Coro, che di su l’Organo, sia di canto fermo, sia di canto fratto […] nella festa di S. Giuseppe, Mercoledì Santo, a sera, Giovedì Santo, mattina e sera, Pasqua di Risurrezione, Notte e Mattina del Santo Natale»21.

 

Le numerose attestazioni, cui sopra si è fatto riferimento, lasciano spazio ad una questione storico-musicale che meriterebbe un’indagine approfondita, ciò nondimeno in questa sede occorre limitarsi ad un generico rimando alle pubblicazioni di Arnaldo Morelli22 e di Paolo Crivellaro23 sulle antiche prassi rinascimentali note come il cantare sull’organo e dei concerti fatti in horgano.

 

Nel 1771, all’organaro di Acquaviva Ioseph Rubino, fu commissionata la costruzione di un organo su cui, negli anni seguenti, intervennero per accomodi vari, gli organari Domenico Rubini, Giuseppe de Rossi, Nicola de Simone, Tommaso Marcotrigiano. A proposito della committenza si legge: «al Magnifico Notar Mauro Fornari ducati 92:60 cioè ducati novanta per l’organo fatto lavorare dal sacerdote D. Giuseppe Rubini di Acquaviva e carlini ventisei per regalia fatta al medesimo, che in rame sono d. 94.91½».

 

Inoltre, «28 dicto [giugno] Al Signor Felice Porto per disegno fatto per l’orchesto (sic), e sua assistenza di più giorni argento 3:50 in rame 3.58¾» ed infine: «5 ottobre Ad Anselmo Porto per aver depinto, ed indorato tutto l’intiero orchesto (sic) argento 47. À mastro Giovanni Fontana per aver allargato detto orchesto (sic), e fatti alcuni intagli argento 6. Al Sig. Felice Porto per aver fatto in mezzo l’orchesto (sic) la figura di S. Antonio ad’oglio argento 1:40»24.

 

Altra annotazione che, scorrendo i fogli manoscritti del bilancio (indicato come bugetto) del 1812 relativo alla confraternita di S. Antonio, assume rilevante valore storico-archivistico è quella che riferisce di una «celebrazione di una Messa cantata alla Palestina di tre Cantori»; la dicitura dà conto di una prassi ben radicata a Molfetta, consistente nell’eseguire messe senza l’accompagnamento di alcuno strumento musicale.

 

Un manoscritto musicale del 1755, di pertinenza del Capitolo ed intitolato Messa secondo lo stile Prenestino senza veruno stromento del Sig.r D. Francesco Durante maestro di Cappella napoletano25, attesta in locola conoscenza di quella prassi compositiva, statuita finanche nelle settecentesche Regole approvate da mons. Gennaro Antonucci (vescovo a fine Settecento) ed indirizzate ai seminaristi; era disposto che «la scuola del Canto Gregoriano, o dell’altro, che dicesi alla Palestina, …. proibendosi in essa ogni lezione di Canto fratto, se non per quanto serva al detto canto Ecclesiastico, che dicesi della Palestina. Vietandosi similmente ogni uso di istrumenti, ad eccezione dell’Organo, o Cembalo per quanto servano ad accompagnare detti Canti»26.

 

Invero le parole delle Regole non appaiono affatto chiare, ingenerando confusione terminologica. Ad abundantiam, rende conto della prassi vieppiù nota, un pagamento nel 1780 per una «messa cantata alla Palestina», disposto dalla confraternita della Visitazione di Molfetta27. La dicitura alla Palestina sembra essere, tuttavia, una corruzione di alla Palestrina; sicuramente si intendeva che il canto dovesse essere riservato alle sole voci a cappella come accadeva, nella tradizione esecutiva dei cantori pontifici, per le composizioni del princeps musicae Palestrina.

 

Un esempio in cui la dicitura è riportata nella sua forma corretta proviene da un manoscritto musicale ottocentesco in cui il musicista Giuseppe Peruzzi, sullo spartito di un suo Stabat mater, vergò con il pennino blu la parola Palestrina in corrispondenza delle parole Sancta Mater istud agas ad indicare che quelle battute dovessero essere cantate a cappella28.

 

Nel corso del Novecento, a Molfetta, fino agli anni Settanta soppravvisse, tuttavia, ancora la dicitura alla Palestina; in alcune occasioni si eseguiva, da una voce solista, il canto gregoriano (ad esempio la messa da morto) con accompagnamento di armonium o di organo e spesso era lo stesso organista a cantare nel mentre era intento a suonare29.

 

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1 ARCHIVIO DIOCESANO MOLFETTA (=ADM), Associazioni, Libro delle Significatorie della confraternita di S. Antonio 1759-1801 (=Libro Significatorie S. Antonio), s.s. Sul culto di S. Antonio a Molfetta vedasi L.M. DE PALMA, Culto e devozione a S. Antonio di Padova, «Studi molfettesi», 1996, n. 2, p. 11-23.

2 G. DE LUCA, Introduzione alla Storia della Pietà, Roma 1962, p. 7-8.

3 Libro Significatorie S. Antonio, f. 2v, documento del 18 ottobre 1759.

4 «A Giuseppe La Mastra per taburri (sic), pifari, e per due trombette»

5 (ib., f. 60r). Ib., ad annum.

6 L. ZACCONI, Pratica di musica, 1596, I, p. 4-5.

7 Sul ruolo svolto dal Capitolo di Molfetta, in merito alla committenza musicale, si veda particolarmente G. MAGARELLI, Canonici musicisti e committenze di Capitoli secolari, «Chiesa e Storia», XII (2022), n. 12, p. 165-200.

8 L.M. DE PALMA, La «Storica Sinopsi» della Confraternita di S. Antonio di Molfetta del sacerdote Crescenzo di Candia (1774), Molfetta 1988, p. 72.

9 ARCHIVIO DI STATO TRANI, notaio Giuseppe Antonio Fornari, vol. 1207, atto del 2 luglio 1769.

10 ADM, Curia Vescovile, Carte varie, cart. 363, documento del 31 marzo 1717, carta sciolta.

11 G. POLI, Una processione del Venerdì Santo, Napoli 1851, p. 18.

12 I.M. GIOVENE, Kalendaria vetera mss. aliaque monumenta ecclesiarum Apuliæ et Iapygiæ, I, Napoli 1828, p. IX.

13 Si registrano pagamenti, nel 1783, «per suo onorario per tutto l’anno come maestro di Cappella» e «per la musica nel giorno de tredici per la festa di S. Antonio e Processione» (Libro Significatorie S. Antonio, ad annum).

14 Il sacerdote Maggialetti fu ricompensato, nel 1777, «per la sonatura dell’organo in tutto l’anno» (ib., ad annum).

15 Domenico Saverio fu al servizio del Capitolo sino al 1815. Si tratta del nipote del più famoso maestro di Cappella del Capitolo, Antonio Pansini.

16 Corrado Avellis fu suonatore di contrabbasso, in varie occasioni al servizio del Capitolo.

17 Angelantonio Avellis prestò il suo servizio in qualità di cantore nell’anno 1794 (Libro Significatorie S. Antonio, ad annum)

18 Ib., ad annum.

19 ARCHIVIO DI STATO BARI, Prefettura, Consiglio generale degli ospizi, Carte Contabili, Inventario 25, busta 345, ad annum.

20 ADM, Associazioni, Libri di conventi chiese regolari e platee, Confraternita dell’Immacolata Concezione, Libro delle conclusioni della Congrega dell’Immacolata Concezione dall’anno 1732 al 1796, ss., f 12v., documento del 27 febbraio 1735.

21 Conclusioni Capitolari 1883-1886, conclusione del 23 luglio 1885, f. 62v-64r. Nel 1893, durante l’episcopato di mons. Corrado, fu soppresso «l’Ufficio cantato dall’organo nella sera del Giovedì Santo, essendosi veduto per esperienza di non riuscire più con soddisfazione per mancanza di voci adatte» (Conclusioni Capitolari 1887-1893, conclusione del 25 febbraio 1893, f. 158v). Ancora, nel 1895, si registra un intervento nell’assise dei canonici «sull’Ufficio cantato nel Giovedì Santo in sull’organo» (Conclusioni Capitolari 1894-1897, conclusione del 30 gennaio 1895, f. 41r).

22 A. MORELLI, Cantare sull’organo: an unrecognised practica, «Recercare», X (1998), p. 183-208.

23 P. CRIVELLARO, Organo e interpretazione. La scuola italiana classica, I, Torrazza Piemonte 2023, p. 23.

24 Libro Significatorie S. Antonio, ad annum.

25 ADM, Capitolo Cattedrale, ms mus. 1.

26 BIBLIOTECA SEMINARIO VESCOVILE MOLFETTA, Delle Regole più generali per la Costante direzione di questo Seminario Di Molfetta, ss. Ringrazio l’amico cav. Giuseppe Camporeale per avermi segnalato il prezioso documento.

27 ADM, Curia Vescovile, cart. 237/2.

28 Ib., Fondo Peruzzi, ms. 22.6, G. PERUZZI, Stabat per le Domeniche di Quaresima.