Pubblicato il: 9 novembre 2020

Archiviato il: 14 giugno 2021

Un prestito fatto a Dio

di Sergio Pignatelli

 

 

Quando ci rivolgiamo a Sant'Antonio per chiedere la sua intercessione per una guarigione o per un aiuto in una situazione delicata, oltre alla preghiera sentita e al cambiamento del cuore è sovente l'offerta di qualcosa per ricambiare la grazia ricevuta.

 

Lo testimoniano gli ori votivi che adornano molte sacre immagini e lo testimoniano anche tante opere sorte a fronte di grazie esaudite. Nel miracoliere antoniano c'è, poi, il miracolo di Tommasino, il piccolo bambino che viene resuscitato dal frate lisbonese su promessa della mamma di offrire ai poveri tanto grano quanto il peso del bambino. Un miracolo che ha sancito l'istituzione dell'opera «Pane di Sant'Antonio» presente in molte chiese e associazioni legate al nome del Santo. La tradizione tramandataci dalla pietà popolare su Sant'Antonio ci indica, quindi, che l'offerta ai poveri e ai bisognosi è qualcosa che smuove particolarmente il cuore del Santo molto munifico di fronte a queste promesse.

 

Nella Bibbia, ed in particolare nel libro dei Proverbi (19:17) si legge: «Chi ha pietà del povero presta al Signore, Egli contraccambierà l’opera buona». Riflettendo su queste parole sembra quasi che il Signore voglia indicarci di sovvertire il modello «do ut des» (do [a te] perché tu dia [a me]) e cioè di chiedere una grazia e poi offrire quanto promesso. Egli ci esorta ad offrire con pochi calcoli (prestare) perché Egli non lascia mai insoluto un prestito nei suoi confronti ma anzi restituisce con gli interessi: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi» (Mc 10,28-31).

 

Ancor più il Signore ci dice di donare sempre, non solo quando ci troviamo nella tribolazione, «perperché di tali sacrifici il Signore si compiace» (Ebrei 13:16).

 

Sant'Antonio si esprime in maniera forte e precisa su questo concetto in molti dei sui sermoni. Eccone alcuni riferimenti: "Come Dio è il principio di tutte le cose, così la carità è la virtù principale che bisogna possedere prima di ogni altra virtù", "L'amore di Dio presta all'anima il necessario alimento perché possa crescere di virtù in virtù, e raddolcisce l'asprezza di tutte le tribolazioni, perché niente è difficile a chi ama", "La carità muta in dolcezza ogni amar ezza", "Pietà vera non si ha se, provvedendo al corpo dei nostri fratelli, non si provvede anche alla loro anima, e se, provvedendo all'anima, non si provvede al corpo", "Per la carità noi dobbiamo dare, se è necessario, anche la vita. Ma se per tua debolezza dici di non poter arrivare a tanta altezza, mettiti almeno in cammino per giungervi", "L'uomo che fa l'elemosina è come una pianta che produce i frutti secondo la sua natura. Tu sei composto di anima e di corpo, e perciò l'elemosina che fai deve comprendere il cibo spirituale per l'anima e il cibo materiale per il corpo", "Tutte le cose vostre siano animate dalla carità. Come la mensa senza pane sarebbe mancante del meglio, così le altre virtù sarebbero nulla senza la carità: è nella sola carità che si perfezionano tutte le altre virtù. Questo pane deve domandare a Dio ogni cristiano, figlio della grazia, perché sopra tutte le cose ami Dio e il prossimo come sé stesso".

 

La carità, in tutte le sue accezioni diventa, dunque, strumento privilegiato per entrare in contatto col cuore del Santo patavino e ancor più col cuore dell'Onnipotente. Purché sia una carità umile e silenziosa: «Cercate di non compiere le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 6,1).