"Candelora”, Sant'Antonio e il messaggio morale
Conoscere Sant’Antonio non solo per la sua storia e i suoi miracoli, è una necessità per un devoto o un confratello. Dovrebbe essere quasi un bisogno spirituale quello di conoscere almeno alcuni passi dei suoi Sermones, poiché racchiudono le radici della sua santità (senza dimenticare che Antonio è Dottore della Chiesa e che nella Festa della Lingua non ricordiamo soltanto la “lingua incorrotta”, ma soprattutto la figura di Antonio come grande evangelizzatore).
Una delle festività del mese di febbraio è la Presentazione di Gesù al Tempio (cosiddetta candelora), festa che chiude dopo 40 giorni il ciclo natalizio. Ecco un passo tratto dai Sermones (Purificazione della Beata Vergine Maria I,9) in cui Sant'Antonio commenta la processione con le candele accese e il cantico di Simeone. Il senso che, come di frequente, il santo francescano attribuisce a tutto questo è di carattere penitenziale: infatti, non dimentichiamo che tutta la prima predicazione dei frati Minori era incentrata sulla chiamata alla conversione e alla penitenza. Sant'Antonio non fa eccezione, ma continua - sebbene attraverso un tipo di predicazione allegorica basata sulla Bibbia - il ministero e la diffusione dei contenuti tipici del suo padre San Francesco.
«Oggi i fedeli cristiani portano il fuoco splendente con la candela, la quale è formata di cera e di stoppino. Nella fiammella è simboleggiata la divinità, nella cera l'umanità, nello stoppino l'asprezza della passione del Signore. Come oggi, la beata Vergine portò e offrì nel tempio il Figlio di Dio e suo, e simbolicamente oggi i fedeli portano e offrono il fuoco, offrendo la candela.
E in questi tre elementi è indicata la vera penitenza: nel fuoco l'ardore della contrizione, che sradica tutte le radici dei vizi; nella cera la confessione del peccato: come fonde la cera di fronte al fuoco (cf. Sal 67,3), così per l'ardore del pentimento fluisce dalla bocca di chi si confessa l'accusa del suo peccato, mentre scorrono le lacrime; nello stoppino l'asprezza dell'espiazione e della riparazione.
In questi tre atti c'è Gesù, cioè la salvezza dell'uomo; e chi li avrà offerti a Dio, potrà dire con il giusto Simeone: “Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc 2,29-30).
Nota che in questi quattro versetti vengono indicate le quattro beatitudini del penitente. La prima beatitudine consiste nel perdono totale dei peccati e nella tranquillità della coscienza: “Lascia che il tuo servo vada in pace”. La seconda beatitudine consiste nella separazione dell'anima dal corpo, quando potrà vedere colui nel quale credette e che desiderò: “perché i miei occhi ha visto la tua salvezza”. La terza beatitudine giungerà nell'esame dell'ultimo giudizio, quando sarà detto: Dategli del frutto delle sue mani e le sue stesse opere lo lodino alle porte dell'eternità (cf. Pro 31,31): ”preparata da te davanti a tutti i popoli” (Lc 2,31). La quarta beatitudine sarà nello splendore della gloria eterna, in cui vedrà faccia a faccia e conoscerà come è conosciuto (cf. 1Cor 13,12): “luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
Marcello la Forgia