Visita alle Reliquie di Sant'Antonio, sempre una grande emozione
Lo scorso 15 settembre una delegazione confraternale composta da 15 membri si è recata a Mottola, su invito del locale sodalizio antoniano, ed ha presenziato alla processione e alla messa conclusiva della missione antoniana organizzata per accogliere le Sacre Reliquie di Sant’Antionio. Le reliquie sono state portate nella terra tarantina dall’Arciconfraternita di Sant’Antonio ed in particolare dal loro priore dott. Leonardo di Ascenzio che ha ricevuto il mandato per il pellegrinaggio direttamente dal rettore della Basilica pontificia di Sant’Antonio in Padova, fra Oliviero Svanera.
L’arrivo delle Reliquie di Sant’Antonio non è stata una novità per la città di Mottola: già 15 anni addietro, infatti, i frammenti sacri del Santo Patavino erano giunti in questa terra. Tante le attività organizzate per questa missione: su tutte ci piace sottolineare la visita agli ammalati che, secondo il nostro modo di vedere, meglio incarna il senso di questo pellegrinaggio. Alla confraternita antoniana di Mottola, per mezzo del nostro priore, è stato fatto dono della nostra recente pubblicazione “Culto, devozione e immagine di Sant'Antonio di Padova” mentre all’arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova è stata donata l’opera omnia sugli scritti di don Tonino Bello.
Le Reliquie di Sant’Antonio sono essenza genuina di speranza: tante le preghiere, gli auspici, i sogni che sono stati rivolti al frate lusitano e che l’arciconfraternita ha portato direttamente alla sua Tomba. Ma le Reliquie di Sant’Antonio sono anche e soprattutto simbolo di fraternità e di pace. Viviamo in un momento storico dove i cuori di noi cristiani sono diventati terreno fertile per l’accoglienza di sentimenti xenofobi: se oggi, come 800 anni fa, Sant’Antonio dal Portogallo approdasse sulle terre siciliane probabilmente lo respingeremmo, lo rigetteremmo in mare. Non ci facciamo caso ma Sant’Antonio era naufrago, vestiva abiti logori, parlava una lingua straniera allo stesso modo di tanti profughi per cui oggi “è giusto” ergere il muro dell’ospitalità. Quanti miracoli ci saremmo persi, di quante consolazioni le nostre anime sarebbero state private.
E allora a te, amato e venerato Santo, a te che l’Eterno ha concesso corsie preferenziali per lenire le pene degli uomini, chiediamo di invocare la misericordia divina per tutte le volte che incontrando Nostro Signore nella miseria del prossimo “da straniero non lo abbiamo accolto, da nudo non lo abbiamo vestito, da malato non lo abbiamo visitato”. Perché saranno loro, gli extra-comunitari trasandati e barcollanti, ad essere i nostri avvocati più preziosi il giorno del nostro giudizio.
di Sergio Pignatelli