Pubblicato il: 20 gennaio 2018

Archiviato il: 17 febbraio 2018

Theotokos, la mariologia in Sant'Antonio: Maria e Gesù

 


Theotokos, un termine greco che pochi conoscono, ma che racchiude un significato profondo: Maria è «Madre di Dio». Ed è proprio questa la festività che la Chiesa celebra il primo gennaio, fissata nel 431 dal Concilio di Efeso come conseguenza della proclamazione del dogma cristologico da parte del concilio stesso. Secondo il Concilio, Gesù Cristo, pur essendo contemporaneamente Dio e uomo, come già aveva affermato in precedenza il concilio di Nicea, è un’unica persona: le due nature, divina e umana, sono inseparabili, e perciò Maria può essere legittimamente chiamata «Madre di Dio».

 

Con questo primo numero del Si Quaeris del 2018, ci soffermiamo sul primo di alcuni aspettidella mariologia di Sant’Antonio (Maria e Gesù), seguendo lo schema di Renè Laurentin nel suo testo «La Vierge Marie chez saint Antoine de Padue» (1982).

 

Maria per Antonio è una «presenza viva»: in tutti i sermoni introduce la persona di Maria, ponendola come motivo di confronto della dottrina e della prassi. Unendo teologia e fantasia d’artista, fede e pietà, amore ed eloquenza, esprime non solo il suo amore e la sua fede in Maria, ma anche la convinzione che lei interceda e preghi costantemente per noi.

 

Innanzitutto, la grandezza di Maria, donna fra le donne, è opera di Dio: lei è Figlia del Padre, che accetta consapevolmente e con umiltà di collaborare al piano di salvezza proclamandosi «serva del Signore». Dio, attraverso la parola dell’Angelo, le affida la missione di divenire madre del Figlio di Dio: lo Spirito Santo la santifica, attua in lei l’incarnazione del Verbo facendo di quell’umile fanciulla il suo sacrario, la sua abitazione, il «triclinio della Trinità», come la definisce Antonio.

 

Il Signore trova in lei il luogo ove porre i suoi piedi. Come scrive Antonio, il Figlio di Dio trova in lei il «talamo», il «tempio», il «trono», il «luogo della santificazione» e Maria, con il suo sì, diviene insieme «madre e figlia del principe Gesù Cristo, eletta madre e figlia e Madre di Dio». Antonio la chiama con gioia «alma Madre di Dio», «Gerusalemme celeste in cui Dio abita», «figlia che portò il Padre».

 

È opportuno evidenziare, come suggerisce Laurentin, che il mistero dell’incarnazione è stato molto approfondito nella riflessione teologica di Antonio che, mentre esalta la grandezza della missione materna di Maria, si richiama alla “chenosi” (svuotamento) del Verbo fatto carne nel suo seno. Antonio vede Maria donna fra le donne nella sua umanità di donna vera del suo tempo e della sua terra, senza dubbio «piena di grazia», ma che passa silenziosa e umile fra gli uomini suoi fratelli.

 

Dio ha fatto in lei cose grandi, ma Maria è sempre una di noi, sorella nostra: ed è per questo motivo che Antonio, in molti suoi Sermones, la chiama «sorella di Cristo». Anzi, per esprimere il più possibile l’unione tra la divinità e l’umanità che si è compiuta in lei, Antonio va ancora più oltre e la chiama «moglie di Cristo».

 

Basterebbe fermarsi qui per capire quanto grande sia l’amore di Antonio per Maria, quanto grande il suo stupore e il suo rispetto per lei. Antonio, guardando l’immagine custodita nella Chiesa di Sant’Andrea, ci mostra la Parola di Dio (il libro) e ci porge il Bambinello (Gesù bambino), pietra angolare e “testata d’angolo” del nostro essere cristiani autentici e coerenti con il Vangelo. Eppure, proprio nei suoi scritti, ci rivolge un altro invito: amare Maria, pregarla e guardarla con gli occhi del cuore, con autentico amore di figli.

 

Per altro, Antonio non finisce mai di stupirsi del rapporto tra Cristo e Maria ed esprime il suo ammirato stupore con espressioni di vivida efficacia, quasi al limite del paradosso: «Oggi egli fece nascere te, per poter nascere da te», «il Signore la fece santa più di tutti i santi per farsi in lei lui stesso», «Colui che ella allattava le donava la vita». È una relazione profonda tra Maria, umile donna, ma santa e immacolata, e il Verbo incarnato fatto uomo in lei, nato da lei, legato a sua madre nella vita e nella missione. La grandezza del figlio si riversa sulla madre e il legame fra i due avrà il suo culmine nell’assunzione di Maria, quando la vergine madre riceverà dal figlio la corona divenendo la regina del cielo e della terra.

 

Marcello La Forgia