La Statua di San Michele Arcangelo transitata dalla Chiesa di Sant'Andrea
Alla fine dell’Ottocento, Papa Leone XIII stabilì che il Rosario si concludesse, nel mese di ottobre, con la recita delle Litanie Lauretane, generando nei fedeli l’errata convinzione che queste litanie fossero una semplice appendice della preghiera mariana. La Litania è, invece, una preghiera di implorazione, inizialmente dedicata ai Santi e, poi, a partire dal XII sec. incentrata anche sui titoli mariani.
Si tratta, dunque, di una preghiera di supplica, di aiuto, di intercessione e protezione che si recita alla Madonna e ai Santi. È sempre Papa Leone XII, in una sua preghiera, ad esortare la cristianità a pregare e chiedere a San Michele Arcangelo di difenderla nella lotta quotidiana contro il diavolo affinché «non periamo nell’estremo giudizio». L’esortazione di Papa Francesco a pregare la Madonna e, in particolare, San Michele Arcangelo, il “Principe delle Milizie celesti”, nel mese di ottobre per difendere la Chiesa dagli attacchi del demonio sembra essere in linea proprio con quella di Papa Leone XIII.
A questo “Principe nobilissimo delle Angeliche Gerarchie”, valoroso Guerriero dell’Altissimo, Terrore degli Angeli ribelli, è legato uno dei più noti brani biblici, terribile ma nello stesso tempo pervaso dalla certezza cristiana: «Scoppiò una guerra nel cielo: Michele ed i suoi Angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi Angeli, ma non prevalsero e non vi fu più posto per essi in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi Angeli» (Apocalisse, 12,7-9).
Michele è, infatti, il primo degli Angeli ed il suo nome deriva dal nome ebraico Mikha'el che è composto dai termini mi ("chi"), kha ("come") ed El ("Dio"), e il suo significato è espresso nella domanda "Chi [è] come Dio?" (retorica, in quanto la risposta è "nessuno"). Tale frase è il grido di battaglia con il quale l'arcangelo Michele, alla guida delle schiere degli angeli fedeli a Dio, si oppose e sedò la rivolta degli angeli ribelli guidati dal "dragone", ovvero Satana (Apocalisse 12,7). Da allora Michele è ricordato come il combattente delle forze del male e viene invocato dal popolo di Dio soprattutto nella malattia e nell’ora della morte.
Diverse sono le Chiese nel mondo dedicate a questo Santo divenute mete di pellegrinaggio. La più famosa è, senza dubbio, l’imponente capolavoro gotico di Mont St. Michel sulla costa della Normandia. In Italia viene festeggiato il 29 settembre insieme agli atri due arcangeli Gabriele e Raffaele. In Puglia la devozione a San Michele ha come luogo centrale la grotta di Monte Sant’Angelo nel Gargano che, secondo la tradizione, sarebbe stata da lui stesso consacrata alla fine del V secolo.
Secondo la leggenda aurea, la sua apparizione sulla sommità della mole adriana (l’attuale Castel Sant’Angelo) avrebbe posto fine alla peste che colpì Roma nel 590. Il culto si sviluppò in particolare durante l’epoca longobarda (VII-VIII sec.). A partire dal XI sec. la grotta pugliese cominciò ad attirare Papi, imperatori e Santi che rafforzarono così la devozione dei già molti pellegrini.
Qualche settimana fa si è svolta la straordinaria peregrinatio della Sacra Effige di San Michele Arcangelo da Monte Sant’Angelo a Ruvo nella chiesa omonima, dove mi sono recato in visita. Nell’ammirare il prodigioso simulacro ho fatto un tuffo nel passato, nei miei ricordi di bambino, quando, all’età di 6 anni mi recai anch’io con i miei genitori a Monte Sant’Angelo. Ciò che all’epoca mi rimase impresso fu la grande moltitudine di gente, di ceto e di provenienza diversi, che con molti sacrifici si recavano in pellegrinaggio alla grotta per implorare un aiuto, una grazia o semplicemente una benedizione al “Principe delle angeliche gerarchie”. La mia famiglia è sempre stata devota a San Michele soprattutto perché mio padre portava il suo nome, motivo per cui in casa avevamo una statua dell’arcangelo a cui eravamo molto legati. Avevamo anche un piccolo quadro che riproduceva il celebre dipinto di Raffaello “San Michele e il Drago” dove si poteva ammirare la figura dell’angelo, rappresentato come un nobile cavaliere che, difendendosi con lo scudo da un eventuale ritorno del drago, calca il piede sul suo corpo prima di trafiggerlo con la spada che ha già sollevato dietro il suo capo: è la rappresentazione più emblematica del trionfo dell’angelo di Dio, simbolo del bene, sul Demonio, simbolo del male.
Nelle arti letterarie e pittoriche c’è sempre stato un interesse per gli angeli. Le nostre conoscenze sul loro aspetto e su come queste splendide creature possano intervenire nella vita degli uomini, sebbene spesso citate nella Bibbia, derivano in gran parte dalla loro rappresentazione nell’arte. Dal Medioevo in poi sono diventati uno dei soggetti preferiti di molti artisti, presenze vibranti negli altari delle chiese o delle cattedrali. Basti pensare all’arcangelo Gabriele di Leonardo o il San Michele raffigurato da Dürer, da Raffaello e da Piero della Francesca.
Degne di apprezzamento sono molte opere pittoriche e scultoree del Santo che possiamo ammirare in molte chiese della Puglia. A Terlizzi, ad esempio, la più antica Ecclesia Mater fu dedicata all’arcangelo Michele, patrono della città, dove hanno ricevuto il sacramento del matrimonio i miei genitori. Qui si custodisce una splendida statua di San Michele realizzata dal terlizzese Giuseppe Volpe (1796-1876). Tale statua, che ha sostituito una precedente in pietra, posta sul portale dell’antica cattedrale ed opera del noto architetto e lapicida Anseramo da Trani, è stata di recente posta al centro del solenne colonnato che delimita a semicerchio l’area del presbiterio e lo separa dal coro. L’arcangelo, adolescente, è ripreso nell’atto di indicare il male, Lucifero, l’angelo che osò ribellarsi a Dio, mentre impugna con vigore l’elsa della spada, pronto a sferrare il colpo di grazia e ad eliminare il male.
A questo Santo, o meglio ad una statua, è legato un altro mio ricordo. Qualche anno fa, nel 2010, l’allora padre spirituale della confraternita, don Nicola Azzollini, portò con il mio aiuto nella nostra chiesa una statua di San Michele opera del cartapestaio Corrado Binetti, nato a Molfetta il 1859 e noto come “U Bellisendè”, perché realizzava graziose statue sacre. Trattasi di legno scolpito, dipinto, cartapesta modellata dipinta risalente al 1884. Un’incisione ai piedi della statua riporta: “A divozione di Marco Bellapiando”. La statua in oggetto fu donata da un coppia di molfettesi poi emigrati in America.
Con mio sommo rammarico, dopo appena un anno in cui fu custodita in sacrestia, fu trasferita al Museo Diocesano. Un giorno del 2016, mentre ero in chiesa a svolgere le mie quotidiane faccende di Sacrista, si presentò a me il proprietario della statua desideroso di poterla nuovamente mirare. Dopo un primo momento di stupore e delusione nel sapere che la statua non era più custodita in chiesa lo accompagnai personalmente al Museo Diocesano per rassicurarlo sulla sorte della piccola, ma preziosa statua dell’Arcangelo Michele. Questo Santo, dunque, è stato presente in più occasioni della mia vita, ha segnato la mia infanzia ed ancora oggi a lui rivolgo sincere preghiere e invocazioni.