L'incontro con un amico: la mia visita a Padova
E' sempre difficile trascrivere le emozioni, soprattutto quando raccontano l’intensità di un incontro. Attendevo con ansia il momento in cui sarei andato a Padova a trovare - proprio come si usa fare con un amico che non si vede da molto tempo - Sant’Antonio: lo avevo promesso al Santo e a me stesso nel 2016, quando, per impegni lavorativi, non mi fu possibile partecipare al Giubileo Antoniano della Misericordia a Padova. L’opportunità si è presentata proprio durante il mio viaggio di nozze: una delle tappe sarebbe stata Verona, proprio a pochi chilometri da Padova. Quale occasione migliore per recarmi da Antonio, dall’amico di sempre, peraltro non da solo, ma con mia moglie. E, anzi, proprio il 15 agosto, giorno in cui la Chiesa Cattolica celebra l’Assunzione della Vergine Maria e giorno in cui si commemora la nascita di Antonio, al secolo Fernando.
Descrivere l’emozione dell’approdo nella terra di Padova non è facile. Ma è facile intuire quale sia stata la mia prima tappa: la Basilica antoniana, nonostante le valigie, il sudore, la stanchezza del viaggio in treno. Non ci sono stati pensieri nel percorrere il breve tragitto verso l’Arca del Santo, ma solo la grande forza d’animo nel trattenere le lacrime e il riaffiorare dei ricordi, quelli della prima visita ad Antonio, quasi 10 anni fa, quando i miei genitori mi portarono per la prima volta dal Santo. Come conservo gelosamente quei momenti, così custodisco quelli di questa seconda visita, realizzata con colei che, dal 4 agosto, è la persona con cui condivido la mia vita suggellata nel vincolo sacro del matrimonio.
Anche il consueto passaggio della mano lungo la lastra più consunta dell’Arca del Santo è stato accompagnato dal silenzio. Quasi una carezza, come quella rivolta a un intimo amico, cui si vuole un gran bene e con cui si condivide una intensa e profonda amicizia spirituale. Non dimentichiamo che il silenzio virtuoso non è un silenzio di riprovazione, il rifiuto di rivolgere la parola: scriveva San Basilio che il silenzio è anche una condizione dell’incontro con Dio (Lettera 2, 2-6) e, anzi, nell’Antico testamento il silenzio precede e prepara quel momento privilegiato in cui abbiamo accesso a Dio che, così, può parlarci a tu per tu come farebbe un amico (Esodo 33,11). Nel silenzio che ho voluto consegnare al Santo tutte le mie preghiere, i miei bisogni e quelli della mia famiglia, i volti dei parenti, degli amici, dei miei confratelli: perché i Santi sono nostri amici e intercessori.
A Padova, abbiamo trascorso - adesso non esiste più un io, ma un noi - quasi 3 giorni e per ogni giorno non è mancata la partecipazione alla Santa Messa in Basilica e la visita al Santo, ogni mattina. Con mia moglie, abbiamo ripetuto lo scambio delle fedi proprio nei pressi dell’Arca, grazie alla presenza di un frate che ha anche (ri)benedetto il simbolo della nostra unione sponsale. Simbolo che, dopo qualche giorno, sarebbe stato anche “toccato” dal Santo Padre.
Quando sei a Padova per un fecondo pellegrinaggio tutto passa in secondo piano rispetto a quell’incontro. Ancora oggi, ricordare quei momenti muove la mia sensibilità che confonde tutto e lascia solo la polpa, il succo: l’incontro con l’amico.
Così, purtroppo, le dita si fermano sulla tastiera e tutto si richiude nello scrigno del cuore: qui resta quel ricordo, sempre vivido, perché sia stimolo a vivere meglio non solo la propria vita di cristiano, di operatore pastorale e di marito, ma anche di confratello. Affinché l’impegno e la preghiera non siano mai sterili come il fico di cui si parla nel Vangelo, ma fecondi come i chicchi di grano seminati nel fertile terreno.