Pubblicato il: 09 giugno 2018

Archiviato il: 07 luglio 2018

Gaudete et Exsultate

 

 

«Le fatiche della quaresima logorano un fisico già provato. Dopo Pasqua accetta di ritirarsi con altri confratelli a Camposampiero (paese a pochi chilometri da Padova) presso l’ospitalità del Conte Tiso. Chiede però che gli venga adattato un semplice rifugio sopra un grande albero di noce, dove trascorre le giornate in contemplazione con Dio e in dialogo con le genti umili del borgo di campagna. E’ durante questo soggiorno che Gesù, nell’aspetto di bambino, lo visita e dialoga con lui, come il conte Tiso potrà testimoniare. Un venerdì – è il 13 giugno 1231 – viene colto da malore. Deposto su un carro trainato da buoi, viene trasportato a Padova, dove lui stesso chiede di poter morire. Giunto però all'Arcella, un borgo alle porte della città, mormorando le parole "Vedo il mio Signore", spira a circa 36 anni.

 

Dopo qualche giorno, con solenni funerali, Antonio viene sepolto a Padova, presso la chiesetta di Santa Maria Mater Domini, il suo rifugio spirituale nei periodi di intensa attività apostolica.

 

Un anno dopo la morte, la devozione dei padovani e la fama dei tanti prodigi compiuti convincono papa Gregorio IX a ratificare rapidamente la canonizzazione e a proclamarlo Santo il 30 maggio 1232, a soli 11 mesi dalla morte.

 

La Chiesa poi nel 1946 proclama sant’Antonio di Padova "dottore della chiesa universale", col titolo di Doctor evangelicus».

 

Ho voluto iniziare questa riflessione riportando il racconto del transito di Sant’Antonio per ricordare che la sua morte è avvenuta come era stata la sua vita: un inno al Signore e alla Vergine Maria. Certo dice un proverbio: si muore come si vive.

 

E Antonio di Padova, “il Santo” come lo chiamavano, ha vissuto la sua vita in linea con il Vangelo. Noi ci apprestiamo a rivivere nella Tredicina la sua vita e il suo esempio di santità.

 

La Santità non è solo di alcuni, ma è di tutti come affermava il Concilio Vaticano II: «Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: “Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste” (Mt 5,48). Mandò infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12,30), e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro (cfr. Gv 13,34; 15,12). Li ammonisce l'Apostolo che vivano “come si conviene a santi” (Ef 5,3), si rivestano “come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza” (Col 3,12) e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Gal 5,22; Rm 6,22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Gc 3,2), abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare: “Rimetti a noi i nostri debiti” (Mt 6,12). È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità [124] e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. (LG 40)».

 

Questo concetto è stato ribadito in modo chiaro da Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate. «Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità»: egli spiega che i santi non sono solo «quelli già beatificati e canonizzati», ma il «popolo» di Dio, cioè ognuno di noi, che può vivere la santità come un itinerario fatto di «piccoli gesti» quotidiani. «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente – scrive il Papa -. Nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante». È la «santità della porta accanto» la tesi del Papa, che elogia anche il «genio femminile» che «si manifesta in stili femminili di santità, indispensabili per riflettere la santità di Dio in questo mondo».

 

Francesco cita Ildegarda di Bingen, Brigida, Caterina da Siena, Teresa d’Avila e Teresa di Lisieux, Edith Stein, per sottolineare che «anche in epoche nelle quali le donne furono maggiormente escluse, lo Spirito Santo ha suscitato sante il cui fascino ha provocato nuovi dinamismi spirituali e importanti riforme nella Chiesa». Ma la storia della Chiesa, sottolinea il Papa, la fanno anche «tante donne sconosciute o dimenticate le quali, ciascuna a modo suo, hanno sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro testimonianza».

 

Già Papa Benedetto così si esprimeva in una udienza generale: «La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua. È l’essere conformi a Gesù, come afferma san Paolo: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29). Sant’Agostino esclama: “Viva sarà la mia vita tutta piena di Te” (Confessioni, 10,28). Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa, parla con chiarezza della chiamata universale alla santità, affermando che nessuno ne è escluso: “Nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e … seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria”» (n. 41).

 

Queste riflessioni con alcuni documenti riaffermano che la Santità è l’impegno di tutti e i santi canonizzati devono essere di stimolo a tutti noi per cercare la Santità, cioè cercare di vivere la vita di Dio che abbiamo ricevuto nel Battesimo.

 

La Tredicina ci aiuterà a guardare Sant’Antonio e a desiderare di vivere la vita di Dio che abbiamo ricevuto nel Battesimo e negli altri sacramenti. Il cammino che intraprendiamo ci aiuti a imitare l’amore dei sant’Antonio per Gesù.

 

Don Vito Marino