Le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi
È vero, il dubbio fa parte della nostra esistenza quotidiana. Il dubbio rende umano l’uomo perché dubitando si mette in cammino e continua a cercare la verità. Chi afferma di non avere dubbi si colloca al di sopra della propria condizione di essere umano. Finché si vive si dubita, e ciò che conta è ritornare sempre alla fede attraverso il dubbio perché il dubbio è parte della fede.
Se l’espressione «consigliare i dubbiosi» sembra delineare chiaramente il campo positivo del consigliare e quello negativo del dubbio, è necessario affermare che anche la fede non è esente dal dubbio e che il dubbio di fede non è necessariamente o sempre negativo. La fede cristiana non si impone come certezza inconfutabile, il che sarebbe una violenza della libertà umana, ma si offre alla libera scelta dell’uomo. La fede possedendo una dimensione di forte rischio è un affidarsi a Colui che, pur non lasciandosi vedere e restando silenzioso, è possibilità impensata di vita che nasce proprio dall’attraversamento di tale rischio. Non che la fede non conosca la dimensione della certezza, ma la certezza della fede è di altro ordine, rispetto a una certezza di tipo razionale.
Il sapere proprio della fede è il sapere della fiducia, dell’affidamento. Il credente non è un possessore della verità, ma ne resta sempre un cercatore, anche quando la verità egli la conosce e la confessa: poiché questa verità è Cristo stesso, essa non potrà mai essere posseduta. Nella verità si è immersi, ma non la si possiede. «Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni» (Sap 9,13-14). Il dubbio “buono” arricchisce la fede della dimensione dell’umiltà, impedendole di sfociare in arroganza, imposizione, parola unica e rigida. Si può cogliere il dubbio anche come un contrassegno significativo dell’attuale momento storico e culturale segnato dallo smarrimento, dal disordine, dalla confusione: l’uomo ha smarrito la bussola per condurre il suo cammino, per orientarsi. Si ha bisogno di chi sappia fare strada, indicare la via, il luogo sorgente di luce e di senso perché solo lì si situa il bisogno di chi sappia dare un consiglio, una persona che sappia sentire empatia, ascoltare in profondità l’altro, coglierne le potenzialità e le debolezze, e possa così aiutarlo a intravvedere la scelta migliore o, almeno, quella possibile.
L’arte di consigliare è strettamente connessa alla capacità di comprendere la situazione dell’altro. Consigliare significa: preoccuparsi dell’altro, riflettere su che cosa occorre alla vita. Preparare delle parole che aiutino a superare la situazione in cui si versa. Consigliare significa portare l’altro a contatto con le sue risorse alle quali può attingere se incappa nel dubbio. Il consiglio trova la sua sensatezza all’interno di una relazione di fiducia tra due persone. La paternità spirituale può essere un luogo importante per dare consigli, avendo presente che non si tratta di dire all’altro ciò che deve fare, ma di aiutarlo a trovare la risposta che già abita in lui e che egli non sa o non osa far emergere, oppure di suggerirgli delle possibilità a cui lui non aveva ancora pensato. Trovare chi sa dare un’indicazione, rivolgere una parola di aiuto, fornire un consiglio illuminante, può rivelarsi una ricchezza inestimabile per la vita. Allora si può sperimentare la verità di quanto afferma Siracide 21,13, che cioè il consiglio del sapiente «è sorgente di vita».
«Guardati da chi vuole darti consiglio e prima informati quali siano le sue necessità; perché non abbia a gettare un laccio su di te» (Sir 37,8).
«Frequenta un uomo giusto, di cui sai che osserva i comandamenti e ha un animo simile al tuo, perché se tu cadi, egli saprà compatirti» (Sir 37,12).
«Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco e nascondi le tue intenzioni a quanti ti invidiano» (Sir 37,10).
«Attieniti al consiglio del tuo cuore perché nessuno ti è più fedele» (Sir 37,13).
«Invoca l’Altissimo, perché guidi la tua via secondo verità» (Sir 37,15).