Help4Felice, Molfetta e Zagarolo uniti nella solidarietà
Lo scorso 27 novembre, durante la Santa Messa nella Chiesa di sant’Andrea, si è concretizzata l’iniziativa caritativa gemellata «Miserum rigans cor» tra le Confraternite antoniane di Molfetta e Zagarolo che, per il 2016, ha indirizzato il contributo economico (nelle possibilità dei due Sodalizi) alla raccolta fondi «Help4Felice». Alla celebrazione era presente il padre di Felice, Michele Guastamacchia, che ha ricevuto dal Priore, Sergio Pignatelli, il contributo congiunto, intervenendo poi per ringraziare e raccontare la storia e la sofferenza del figlio, con la speranza di riuscire a curare Felice il prima possibile. Riportiamo, di seguito, l’intervento del Priore molfettese e quello del Priore zagarolose, Alberto de Felice.
Carissimi, giunge, al crepuscolo del mio priorato, l'onore e l'onere da parte di questa comunità confraternale di ospitare il padre di Felice Guastamacchia. Accogliamo con gioia e speranza la loro richiesta di aiuto fraterno per il piccolo che ha bisogno di cure costose.
Come molti di voi sanno già la nostra confratenita ha in essere un gemellaggio spirituale con la confraternita antoniana di Zagarolo. Tra le attività che ogni anno le due confraternite portano a compimento insieme, il fiore all'occhiello è rappresentato da un progetto di sostegno ad un bisogno locale: un anno a Molfetta e l'anno seguente a Zagarolo. Questo progetto di sostegno annuale è progettato e cofinanziato da entrambe le confraternite. Molti di voi ricorderanno il sostegno alle delegazioni dell'UNITALSI e della CRI locali di due anni fa mentre l'anno scorso è stata la volta del sostegno al centro anziani Zagarolese. Quest'anno si ritorna nella nostra diocesi per un progetto che abbiamo voluto chiamare "Miserum rigans cor" da un sermone quaresimale di Sant'Antonio il quale afferma che la parola "Elemosina", di origine greca, in latino si traduce con la parola "Misericordia" la quale vuol dire appunto "che irriga il misero cuore" (Miserum rigans cor). Come l'uomo - prosegue Sant'Antonio - irriga l'orto per ricavarne i frutti così anche noi per ricavare i frutti della vita eterna dobbiamo continuamente irrigare il cuore di chi ci chiede aiuto.
Quello della Misericordia non è un tema casuale visto che si è appena concluso l'anno giubilare indetto da papa Francesco proprio su questo tema. A pochi giorni dalla chiusura delle porta della Misericordia è dunque nostro compito aprire le porte della speranza nelle nostre chiese. Non so se è un caso che questo nostro incontro si concretizzi oggi, prima domenica d'Avvento. La parola avvento deriva dal latino adventus e significa "venuta" anche se, nell'accezione più diffusa, viene indicato come "attesa", attesa di accogliere Lui che verrà al mondo come un bambino, esattamente come Felice. Forse solo pochi di noi conoscono il volto di questo bimbo, ma nel nostro cuore quanto è difficile immaginare che sulle braccia del nostro caro protettore quel Gesù bambino racchiuda i volti di tutti i nostri bambini. Quanto è difficile supporre, che lui, l'Eterno, l'Umile per eccellenza, scenda da quell'abbraccio proprio per far posto per qualche istante proprio al piccolo Felice.
Alle volte perdiamo il nostro tempo alla ricerca di nuove forme di filantropia. Questo è bello perché emerge dal lato più genuino dell'umanità ma non dimentichiamo mai che noi cristiani dobbiamo sempre farci guidare dal Vangelo. E nel Vangelo di Matteo questa via è indicata proprio così: “Qualunque cosa avete fatto ai più piccoli, lo avete fatto a me” (Mt 25,40).
Oggi la carità sta tornando prepotente al centro dei progetti confraternali: sia però la nostra una carità di sostanza e non la carità degli scarti (quello che ci avanza lo doniamo a chi ne ha bisogno). Per usare un simbolo tanto caro al nostro protettore sia la nostra la carità del pane e non delle briciole perché la carità della briciole serve solo ad acquietare le nostre coscienze ma non serve a concretizzarsi in speranza.
Quando parlo di carità di sostanza non mi riferisco alla carità delle grandi somme ma alla carità del gran cuore. Don vito spesso cita una bellissima espressione di Madre Teresa che dice: "Non importa quanto dai ma con quanto amore dai". Ma prima di Madre Teresa sant'Antonio stesso ci ha insegnato che: "Non basta porgere con la mano bisogna unirvi anche l’affetto del cuore: non c’è vera carità se provvedendo al corpo dei nostri fratelli non provvediamo anche alla loro anima o se provvedendo all’anima non provvediamo anche al corpo. Chi soffre ha bisogno di essere consolato”.
Non cadiamo nella facile tentazione che, come diceva don Tonino: «La carità sia qualcosa per cui Dio debba ringraziarci, ma piuttosto un qualcosa per cui noi dobbiamo ringraziare Dio». Siamo consapevoli che quello di oggi è solo una piccola goccia di un immenso oceano ma proprio per questo lascio come augurio alla famiglia di Felice forse l'espressione più amorevole di San Francesco d'Assisi: "Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile".
Ai miei confratelli e a tutti coloro che si affidano alla protezione di Sant'Antonio, invece, lascio questo auspicio: "Che diventi dunque la nostra una confraternita di speranza." E' per questo che voglio concludere questo mio intervento rielaborando proprio una celebre espressione di don Tonino: "In piedi, dunque, donatori di speranza. Sarete chiamati Figli di Dio".
Sergio Pignatelli
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Carissimi,
vista la distanza che separa le nostre confraternite e gli impegni per l’arrivo del Santo Natale non abbiamo potuto presiedere fisicamente a questa celebrazione ma certamente qui da Zagarolo vi siamo vicini col cuore e con lo spirito.
Rivolgo ai genitori del piccolo Felice un caloroso augurio per il suo futuro rivolgendo al nostro amatissimo Santo la preghiera per la sua intercessione presso il Signore per un ritorno gioioso dal lungo viaggio che li attende così come il viaggio dell’avvento porta a tutti i credenti la gioia della nascita di Gesù.
Vi abbraccio con affetto e con la speranza che anche noi un giorno possiamo incontrare Felice ed abbracciarlo.
Alberto di Felice