Pubblicato il: 07 aprile 2015

Archiviato il: 11 giugno 2015

Sant'Antonio, la visione dell'Angelo nella mattina di Resurrezione

 

Una delle immagini più interessanti del Vangelo Pasquale è la visione dell’Angelo. La Redazione del Si Quaeris riporta, di seguito, un estratto del Sermone di Sant’Antonio in occasione della Pasqua che spiega i significati dell’apparizione e della visione dell’Angelo.

 


«Entrate nel sepolcro, videro un giovane seduto a destra, vestito di una stola candida, e furono molto stupite» (Mc 16,5). Il sepolcro raffigura la vita contemplativa nella quale l'uomo, morto al mondo, si seppellisce nel nascondimento. Dice Giobbe: «Entrerai nel sepolcro nell'abbondanza, come si raccoglie il mucchio di grano a suo tempo» (Gb 5,26). Il giusto, soffiata via la pula delle cose temporali, uscendo dal mondo, nell'abbondanza della grazia divina entra nel sepolcro della vita contemplativa, nella quale viene messo in serbo come un cumulo di grano, giacché la sua anima si raccoglie con celeste dolcezza nella contemplazione. Egli, entrando nel sepolcro, vede un giovane seduto dalla parte destra, coperto di una veste candida.

 

Il «giovane», cosi chiamato perché pronto a «giovare» (aiutare), è il Figlio di Dio, che come un giovane ci aiuta ed è sempre pronto ad aiutare. Giustamente è detto: «Sedeva dalla parte destra». Si dice destra, come per dire «dando fuori» (lat. dextera, dans extra). Egli ci aiutò in modo meraviglioso quando diede a noi la divinità e assunse la nostra umanità, affinché noi, che eravamo fuori, fossimo dentro; perché noi entrassimo, egli usci e si copri della veste candida, cioè della carne umana, ma senza alcuna macchia. Dice il beato Bernardo: «Dopo tutti i benefici, volle essere trafitto alla parte destra, per mostrarci che solo dalla destra volle prepararci un posto a destra».

 

Il giusto che esce dal mondo ed entra nel sepolcro, deve vedere, deve contemplare questo «giovane», nel modo indicato dal beato Bernardo: «Come l'animale che viene avviato al lavoro, cosi il giovane apprendista di Cristo deve essere istruito sul modo di avvicinarsi a Dio, affinché Dio si avvicini a lui.

 

Dev'essere esortato a rivolgersi, con la massima purezza di cuore possibile, a colui al quale presenta l'offerta della sua preghiera. Quanto più vede e comprende colui al quale fa la sua offerta, tanto più arderà di amore per lui, e la comprensione stessa si trasformerà in amore; e quanto più sarà di lui innamorato, tanto più capirà se ciò che gli offre è veramente degno di Dio e se in lui ne avrà giovamento. Tuttavia a colui che prega o medita in questo modo, sarà meglio e più sicuro proporre l'immagine dell'umanità del Signore, della sua natività, della sua passione e risurrezione, affinché lo spirito debole, che non sa pensare se non alla materia e a cose materiali, trovi qualcosa su cui fissarsi con sguardo di pietà e a cui attaccarsi, secondo le sue disposizioni. Ciò che si legge in Giobbe, che l'uomo, se si ferma a considerare la sua natura, non peccherà (cf. Gb 5,24), è detto certamente in riferimento al Mediatore Cristo, e significa: quando l'uomo rivolge a lui lo sguardo della sua intelligenza, considerando in Dio la natura umana, non si allontani mai dalla verità, e mentre per mezzo della fede non separa Dio dall'uomo, impara alla fine a riconoscere nell'uomo il suo Dio. Con tutto ciò, nell'animo dei poveri nello spirito e dei figli di Dio più semplici, il sentimento è, di solito, tanto più soave, quanto più si avvicina alla natura umana.

 

In un secondo momento però, quando la fede si trasforma in affetto, accogliendo nel centro del loro cuore, con il dolce abbraccio dell'amore, Cristo Gesù, uomo perfetto assunto per l'uomo, e vero Dio in quanto Dio che assume, incominciano a conoscerlo non più secondo la carne, per quanto non possano ancora pensarlo pienamente Dio secondo Dio, e benedicendolo nel loro cuore, amano offrirgli i loro voti» (Guigo Certosino, Epistole) e i loro aromi, insieme con le sante donne, delle quali appunto è detto: «Entrando nel sepolcro, videro un giovane seduto a destra».