Pubblicato il: 17 gennaio 2015

Archiviato il: 07 aprile 2015

La pace sia con tutti

 

di Domenico Pasculli (Archivista della Confraternita)

 


Il nostro padre spirituale ha fatto notare più volte e in diverse occasioni l’esuberanza di prassi e gesti che si fanno nella nostra rettoria durante le celebrazioni e la liturgia della santa messa. In modo particolare, per il gesto del segno della Pace, si è soffermato ripetutamente per spiegare che il gesto va dato solo alla persona vicina, senza andare oltre il proprio posto.

A prima vista, è sembrato un semplice orientamento, indirizzato a svolgere il gesto della pace con moderazione e senza creare confusione in quanto in questa circostanza sono anche ben visibili cenni inconsueti, come quello dell’arrivederci oppure quello delle mani incrociate (che per alcuni porta male), e altri che gesti che si prestano all’impaccio. Un problema che persiste e che non si risolve facilmente anche perché la nostra rettoria è frequentata dai devoti del Santo che abitualmente hanno la parrocchia di appartenenza come punto riferimento e, quindi, hanno modi e tempi diversi per dare il segno di pace.

Le diversità nei modi che si notano, nel gesto della pace, certamente riflettono una prassi non uniforme che esiste nella chiesa diocesana di come e quando dare il segno della pace. Numerosi sono stati i confronti interni su questo gesto tra chi è a favore del segno della pace oltre il vicino e chi ritiene che basta darlo a una sola persona.

Questa questione non riguarda solo le raccomandazioni di don Vito che sollecita un modo e un comportamento diverso tra noi e di chi frequenta le celebrazioni nella rettoria di sant’Andrea, ma è un “problema” che concerne un “abuso” nell’ambito liturgico e che il Dicastero Vaticano della Congregazione per il Culto Divino con una lettera circolare ha già disciplinato in modo corretto e senza eccessi.

La circolare della congregazione firmata da Papa Francesco, datata l’8 giugno scorso, è stata consegnata a tutti i Vescovi ed elenca una serie di raccomandazioni che vanno dal comportamento dei fedeli, che devono limitare gli spostamenti e altri gesti inopportuni, al divieto di cantare durante il segno, come pure agli impegni del sacerdote-celebrante che non deve spostarsi dal presbiterio per dare il segno della pace ad alcuni fedeli. E ancora, si può omettere l’uso improprio del gesto per esprimere in occasioni particolari auguri e condoglianze come pure in determinate occasioni. Insomma, la lettera spiega che lo scambio della pace deve avvenire in modo sobrio, senza eccessi in quanto preparazione a ricevere Gesù eucarestia.

La questione allora non riguarda solo i fedeli della nostra rettoria ma ha assunto un vasto eco nella chiesa così che tante voci si sono pronunciate, fra chi è a favore e chi è contrario, spiegando e giustificando le proprie idee con contenuti liturgici, pastorali e teologici.

Pare che il segno della pace sia addirittura diventato sintomo di conflitto. Allora, per non entrare anche noi nel coro delle voci, possiamo far tesoro della raccomandazione di don Vito che ci richiamano alla lettera circolare del Dicastero. E, come ci ricorda anche Benedetto XVI nella “Sacramentum caritatatis”, «nulla tolga all’alto valore del gesto della pace la sobrietà necessaria a mantenere un clima adatto alla celebrazione, per esempio facendo modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino».

A questo punto, bisogna anche meditare che la pace che chiediamo nella liturgia eucaristica è già stata donata perché parte dalla mensa eucaristica dove Gesù ci dice “Vi do la mia pace a tutti voi che partecipate a questo mio sacrificio”. Allora, il segno della pace consegnatoci da Gesù lo dovremmo portare fuori della rettoria e subito sul sagrato della chiesa: dobbiamo rafforzarlo con la gioia del cuore facendo pure confusione nei gesti e modi, ma essendo sempre in comunione tra di noi.