Festa della Lingua, la lingua incorrotta e l’evangelizzazione di Antonio
Nel cuore del mese di febbraio si colloca una particolare solennità antoniana: è la Festa della traslazione delle reliquie del Santo, popolarmente detta “Festa della lingua”, in cui si onora la figura di un Santo dalla dalla fede grande, che si è lascito guidare da Dio prima dell'esperienza di vita religiosa fra gli agostiniani e poi fra i frati minori di san Francesco. Un Santo che alla chiamata del Signore ha risposto sempre con un “sì”. quando Dio gli fece sentire l'ispirazione di andare missionario tra i musulmani e quando lo invitò alla solitudine nell'eremo di Montepaolo, quando lo mandò a predicare alle folle e quando, ancor giovane, lo chiamò a sé attraverso sorella morte.
Il popolare nome di “Festa della Lingua” è stato determinato da un evento molto particolare, accaduto nel 1263 (a 32 anni dalla morte di Antonio): quando i frati decisero di trasferire i resti mortali nella nuova basilica, dopo aver aperto la cassa che conteneva le sua spoglie mortali, il ministro generale dei francescani, Bonaventura da Bagnoregio, trovò incorrotta la lingua di Antonio era ancora intatta, senza i segni di decomposizione. San Bonaventura, mostrando la lingua ai fedeli, esclamò: «O lingua benedetta, che hai sempre benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora appare a tutti quanto grande è stato il tuo valore presso Dio». La lingua incorrotta, ancora visibile, è stata collocata in un reliquiario nella cappella circolare dietro l’abside.
Qual è il messaggio di questa tradizionale festa per la Confraternita? Di sicuro, la Festa della Lingua di sant’Antonio aiuta i devoti del Santo a meditare sulla potenza salvifica e rigeneratrice della Parola di Dio: attraverso il prodigio della lingua incorrotta, sant’Antonio ci invita a riscoprire il Vangelo che egli stesso ha predicato instancabilmente e con dedizione. Come la Parola di Dio, assiduamente proclamata, ha preservato la lingua di Antonio con cui, generosamente e senza risparmio, è stata donata ai poveri, agli indigenti, ai peccatori, così i confratelli e i fedeli cristiani devono essere animati, soprattutto oggi, da un rinnovato dinamismo missionario: è necessario riaccendere il fervore per la Parola di Dio che, annunziata e spiegata nella liturgia, studiata nella catechesi, vissuta come sorgente d'acqua fresca, è lampada per i nostri passi nel cammino della vita. Purtroppo, molte volte i cristiani non sanno testimoniare e trasmettere la Parola di Dio perché non la conoscono nelle sue profonde viscere: non sanno che è Gesù Cristo la chiave ultima per aprire la Scrittura, attraverso la lettura, la meditazione, la preghiera e la contemplazione, in un contesto di solitudine e di silenzio per cercare e ascoltare Dio che è nel segreto.
Sant’Antonio è, perciò, un esempio da seguire: lui che ha saputo e voluto aprire il suo cuore alla Parola e rischiarare la sua intelligenza alla Luce di Dio, facendo dello studio e della lettura preghiera e contemplazione, insegnando al suo cuore ad annunciare le meraviglie del Signore attraverso la lingua.
A questo proposito, è interessante rileggere il dossier «Un mistero lungo 750 anni», a cura di Alberto Friso e Giulia Cananzi, in cui padre Ugo Sartorio declina la parola «Evangelizzare» legandola alla lingua incorrotta. Per Antonio «significa annunciare il Vangelo con la sua passione e competenza. La passione viene dall’amore verso Cristo, dalla preghiera costante, l’attenzione ai bisogni dei fratelli, in particolare dei più poveri. La competenza viene dallo studio amoroso e instancabile della parola di Dio. Ricordiamo che i 77 Sermoni che il Santo scrisse negli ultimi anni di vita contengono circa 6 mila citazioni scritturistiche - spiega padre Sartorio -. “Chi non conosce la Scrittura è un analfabeta” sentenzia Antonio di Padova, poiché solo guardando a noi stessi nello specchio della Parola possiamo capire chi siamo realmente: “Lo specchio significa la Sacra Scrittura, nel cui splendore appaiono le nostre fattezze: donde siamo nati, quali siamo nati, a che fine siano nati”. Come sant’Antonio dobbiamo evangelizzare restando all’altezza del nostro tempo e, insieme, all’altezza del Vangelo».
Scrive sant'Antonio: «Nota che altro è credere a Dio, altro è credere Dio, altro è credere in Dio. Credere a Dio significa credere vero ciò che egli dice, e questo lo fanno anche i cattivi. Credere Dio significa credere che Dio esiste, ciò che fanno anche i demoni. Credere in Dio vuole dire credere e amarlo, credere e andare a lui, credere e aderire a lui e venire così incorporati nelle sue membra».