Don Gino, nel suo cuore di pastore sono raccolti, uno ad uno, i nostri volti
«Voi avete già sperimentato la Pasqua del vostro Pastore, ed ora la celebrate nuovamente».
Le parole di Mons. Francesco Cacucci nell’omelia pronuncia durante la solenne celebrazione eucaristica dell’8 luglio scorso, per le esequie di Mons. Luigi Martella, hanno colto nei volti del clero, dei religiosi e del popolo diocesano, il segno di una tristezza profonda, provata 22 anni fa con la morte di don Tonino Bello, e rivissuta dal mattino del 7 luglio scorso, quando si è diffusa la notizia della morte inattesa di Mons. Luigi Martella. Sono state, di sicuro, le più appropriate per un evento che, nella sua tragicità, non solo ha aiutato la comunità dei fedeli a comprendere il profondo significato della caducità della vita e della gloria della risurrezione, ma - come di solito accade - a rivalutare una personalità pastorale che nei suoi 15 anni di vescovato ha tanto seminato nella nostra Diocesi e, in particolare, a Molfetta.
Ancora oggi, spente le luci, esauritesi le esternazioni estemporanee, la diocesi, ora affidata all’Amministratore diocesano, Mons. Domenico Amato, grida nel silenzio all’assenza del suo pastore. Il fragore della prima quindicina di luglio ha lasciato lo spazio alla riflessione e alla rielaborazione, grazie anche dalla documentazione multimediale che l’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi ha prodotto.
L’ultimo atto si è compiuto il 9 luglio scorso, con la celebrazione dei funerali a Depressa, città natale di don Gino, dopo una veglia notturna di preghiera nella chiesa parrocchiale di Sant’Antonio.
«Alla bella e sobria cerimonia funebre di Molfetta è seguita l’altrettanto bella e semplice celebrazione a Depressa - si legge nell’articolo pubblicato sul sito della Diocesi, a firma del dott. Luigi Sparapano -, in un crescendo di partecipazione che ha rispecchiato le origini semplici di don Gino, della sua numerosa famiglia, del paese, la ricchezza di umanità tipica della terra salentina con la quale aveva un legame profondo e viscerale». Mons. Angiuli, vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, nella sua omelia, ha tratteggiato alcuni aspetti della personali di don Gino: un uomo dotato di equilibrio e di tranquillità, ponderato nelle sue scelte, paziente, con grande senso di pace interiore, manifestato in numerose occasioni anche quando ha visitato la Confraternita in occasione delle celebrazioni solenni in onore di Sant’Antonio.
«Mons. Angiuli ha richiamato la capacità di attenzione e di discernimento di don Gino, che gli consentivano di guardare lontano e in profondità. Di mirare l’orizzonte e scrutare l’abisso; di delineare prospettive alte, ma concentrarsi sulle fondamenta; di ammirare i frutti senza trascurare le radici. Aveva quindi “l’occhio del buon pastore, capace di scrutare e vedere quello che non appare ad un occhio inesperto” - si legge ancora nell’articolo del dott. Sparapano, pubblicato sul sito della Diocesi -. Per questo da Roma gli avevano affidato il delicato compito di Visitatore dei Seminari, che non è da tutti, e che don Gino ha svolto “con grande dedizione, silenziosa ma efficace. I suoi interventi nella Conferenza Episcopale Pugliese, a proposto di seminari e formazione dei preti, rivelavano la reale consapevolezza delle questioni in gioco”».
«Io sono il buon pastore e il buon pastore dà la vita per le pecore», si legge nel Vangelo di Giovanni (10,11): don Gino questo è stato, un buon pastore che ha dato la vita per la sua comunità. Come ha spiegato Mons. Domenico Amato, nella vegli in suffragio del 7 luglio, «solo la fede può offrirci luci di speranza per leggere i tristi eventi che d'improvviso squarciano il nostro tempo e il nostro spazio. La morte di monsignor Martella lascia attoniti e ci induce a stringere i vincoli di comunione che ci uniscono come comunità ecclesiale e civile». Mai manchi, per don Gino, la nostra preghiera di suffragio, perché nel suo cuore di pastore sono raccolti, uno ad uno, i nostri volti.