La morte, la confessione e la misericordia di Dio
Il 2 novembre è il giorno che la Chiesa dedica alla commemorazione dei defunti, cui è riservato un piccolo spazio anche nella messa quotidiana con preghiere universali di suffragio alle anime di tutti i defunti in Purgatorio. La Chiesa, con i suoi figli è sempre madre e vuole sentirli tutti presenti in un unico abbraccio: ecco perché l’amore materno della Chiesa è più forte della morte.
Nessuno può entrare nella visione e nel godimento di Dio, se al momento della morte, non ha raggiunto la perfezione nell’amore. Questo scrive Sant’Antonio nel Sermone sulla parabola in cui il Regno dei Cieli è raffigurato come un re che vuol fare i conti con il suo servo: «Parimenti nel fango è indicata la nostra carne miseranda la quale, al giungere del sasso, cioè all’arrivo dell’ineluttabile morte, sarà colpita e distrutta. E allora l’oro della sapienza, l’argento dell’eloquenza, il bronzo delle ricchezze, il ferro del potere saranno frantumati, ridotti a nulla e dispersi dal vento, perché la carne andrà ai vermi, le ricchezze ai parenti, l’anima sarà consegnata al diavolo, e così di essi non resterà traccia alcuna. “Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Signore, abbi pazienza con me, e ti restituirò tutto”. Ecco che cosa deve fare il peccatore finché è in vita, per non essere condotto, dopo la morte fisica, al supplizio della morte eterna con moglie e figli»
Il 2 novembre riporta il fedele alla realtà delle “cose”, richiamando la sua attenzione sulla caducità della vita, sul fluire del tempo. Molto spesso il cristiano, immerso nel secolarismo, guarda con indifferenza il passaggio delle cose e delle persone quando queste scivolano lentamente davanti a noi o non fanno rumore o non portano dolori e dispiaceri. Ogni passaggio, ogni spostamento comporta l’impiego del tempo, che purtroppo va via per sempre. Resta il frutto maturato in quel tempo: ciò che è stato seminiamo in quel tempo produce o meno del frutto. Se si è seminato vento si raccoglierà tempesta, recita persino un antico proverbio.
Peraltro, con maggiore indifferenza non notiamo il fluire del tempo in noi: l’io si erge in noi come persona fuori dal mondo e, quindi, estranea al mutare delle cose e al susseguirsi delle stagioni. Il presente appare, perciò, provvisorio, tanto da non contare in sé: conclusione o epilogo di ieri, anticipo o prologo del domani. Tutta passa. Giorno dopo giorno. Vista nella luce di Dio la morte diventa un dolce incontro, non un tramonto, ma una bellissima alba annunciatrice della vita eterna con Dio. A questo proposito, è importante riportare una parte del Sermone di Sant’Antonio sulla parabola citata poc’anzi.
«Fa’ attenzione a questi tre atti: si gettò a terra, supplicava, e restituirò tutto, nei quali sono raffigurate la contrizione, la confessione e la riparazione, per mezzo delle quali tutti i peccati vengono rimessi. Cade in avanti colui che è veramente contrito, distrutto dal dolore, colui che si considera terra. Chi dunque vuole ottenere il perdono, non si getti a terra davanti alla statua, ma davanti a Gesù; si prostri insieme con il servo, del quale è detto: “Gettatosi a terra quel servo lo supplicava”. Supplicare significa domandare qualcosa con umiltà e sottomissione. La confessione dev’essere umile e devota: umile, cioè humi acclinis, chinata verso terra, nel disprezzo e nell’accusa di se stesso; devota nella pronta volontà della riparazione; e allora potrà dire: “Abbi pazienza con me”. “E ti restituirò tutto”. Restituisce tutto colui che ripara a tutto il male commesso, in modo che la pena sia proporzionata alla colpa. La vera riparazione deve avere queste quattro qualità: il peso della sofferenza, la capacità dell’amore, con il quale abbraccia in sé tutti, la durata della perseveranza finale e l’umiltà nel cuore. Dove si trovano riunite tutte queste disposizioni, c’è subito pronta la misericordia.
Infatti il vangelo continua: “Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito”. Considera che la misericordia del Signore compie tre azioni: purifica l’anima dai vizi, l’arricchisce di copiosi carismi, la ricolma delle delizie dei celesti gaudi. La prima azione riempie il cuore col dolore della contrizione, la seconda lo intenerisce di amore, la terza lo inonda di rugiada celeste con la speranza dei beni eterni. E questo viene reso evidente dall’interpretazione della parola misericordia. Misericordia significa “donare un cuore misero” e questo concorda con la prima azione della misericordia del Signore; significa anche “mettere da parte la severità del cuore” e questo concorda con la seconda; significa ancora “la grande dolcezza che inonda il cuore”, e questo si riferisce alla terza. Il padrone dunque, ripieno di questa triplice misericordia verso quel servo, gli condonò tutto il debito».